VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

15 giu 2025

In viaggio oltre lo spazio e il tempo che abbiamo condiviso

Un amore… più grande

È da qualche tempo che la morte mi cammina vicino. Non che io pensi di dover morire presto – chi lo sa, poi!? – quanto invece perché in questi ultimi mesi troppo spesso si è presentata, ed è entrata a forza nella mia vita. Credo sia questo che mi ha fatto risuonare in maniera diversa, nuova direi, parole incontrate già in altri momenti. Sono parole che appartengono ad un testo che, agli inizi del II secolo, nasce nella piccola comunità di cristiani, ad Efeso, con il nome di Vangelo di Giovanni.

Nel momento in cui Gesù sta cenando con i suoi, in quella che si rivelerà poi come l’ultima cena che faranno insieme, a un certo punto dice: Avete udito che vi ho detto “Me ne vado e torno da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che vado dal Padre. Poi continua: Perché il Padre è più grande di me.[1] È un momento drammatico per lui. Ha capito che di lì a poco lo prenderanno, e dovrà affrontare una molto probabile condanna a morte. È da un po’ che gliela cantano le autorità religiose. Le sue critiche e le sue contestazioni se le sono legate al dito. Tutto il suo insegnamento, il richiamo continuo alla libertà da vincoli e tradizioni, tanto solide quanto disumanizzanti, un Dio che è amore e non giudizio, sono inaccettabili per un sistema così ben strutturato ormai che a tutti è chiaro quale sia il posto di ciascuno: chi comanda e chi deve ubbidire. E quando gli uomini di potere ti puntano, non scappi. Anche allora. Come oggi.

 

Non è la verità storica di queste parole che cerco. È difficile pensare che a settanta ottant’anni di distanza, persone che il Maestro, molto probabilmente, non l’hanno neppure conosciuto, possano rievocare tanto fedelmente le sue parole. Del resto, oggi sappiamo bene che i Vangeli non sono testi di cronaca. Mi chiedo, invece, quale messaggio contengano, dentro quale novità di pensiero il Maestro stia cercando di portare i suoi. Con quale sguardo vorrebbe che si ponessero di fronte alla morte. E alla vita.

Mi colpisce che sentendo il dolore e l’angoscia che li abitano al pensiero che di lì a poco non sarebbero stati più insieme, lui possa dire parole come queste. Se mi amaste, vi rallegrereste. Chi può rallegrarsi quando un amico molto caro o un familiare è vicino a morire? Stanno insieme da tre anni, e il pensiero che tutto stia per finire non può che generare tristezza, dolore. Angoscia perfino. Consapevole di ciò, immediatamente prima, infatti, dice: Non sia turbato il vostro cuore e non si spaventi.

 

Qualche mese fa è morta una persona a me molto vicina. Collega amica e sorella di una vita. Dolore grande accompagna la sua morte. Le lacrime del cuore continuano ad arrivare agli occhi. E quel noi che ci identificava nel mondo, della professione e di tante amicizie, ora oscilla fino a tendere, amaramente, verso un semplice io. In questo stesso periodo altri, cui pure la morte s’è presentata rubando nell’intimo della casa, in famiglia, vengono e mettono sentimenti simili nelle mie mani. Perché possiamo, insieme, con-tenerli. È qui che arrivano queste parole. E con lo sguardo che cammina tra scienza e fede, cerco un senso a quel vi rallegrereste perché vado dal padre. E in quel padre che è più grande mi pare di cogliere l’invito, ai suoi allora e a noi oggi, a guardare la Vita oltre la morte. In modo del tutto nuovo vedono gli occhi di Gesù. Per i suoi contemporanei la morte scrive la parola fine. Così nel mondo greco, che parla di ombre che nell’Ade rimpiangono il tempo sulla terra.

 

In quello che chiama padre lui vede, e invita noi a vedere, qualcosa di più grande. La dimensione della Vita verso cui procede il suo viaggio è, ai suoi occhi, assai più ampia di quella ristretta in cui io e voi stiamo ancora camminando. È così per lui. Così è anche per noi. E da chi ha attraversato la porta della morte sento oggi giungermi parole simili. Gabriella o Massimo, Letizia o Giovanni, Lorena, Remo e i tanti altri con cui ho condiviso un po’ del tempo presente. Nel nostro amore, in forza di quell’intimità e di quell’unione che abbiamo costruito, rallègrati!  Rallègrati. Sì, perché io vivo. Ora sono oltre lo spazio e il tempo che insieme abbiamo vissuto. Ma non sono altrove. Continuo a camminare con te. Permetti al tuo cuore di accogliere una dimensione nuova della Vita. Dell’Amore. Quella che, pur se immerso nella materialità d’un corpo, condizionato dal bisogno di vederci e toccarci per sentirci vicini, ne sa oltrepassare i limiti. E guardando l’una e l’altra dimensione le sa far convivere, in una relazione di reciprocità. Come l’energia e la materia, le onde e le particelle di cui parla la fisica oggi. Quando scienza e fede s’incontrano, si integrano e si arricchiscono a vicenda. Il campo visivo si amplia. E l’amore diventa… più grande.

Il giorno di Pasqua abbiamo chiamato tutto questo resurrezione. I nomi possono essere diversi. Sono parole. Che ci vengono in aiuto per entrare, pian piano, in una dimensione di Vita più profonda.

 

 

[1] Giovanni 14,28