VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

4 mag 2025

Tra nazional-populismi risorgenti e confini sempre più angusti

Ma gli uomini, gli uomini grandi…

Due settimane fa, il giorno di Pasqua, ci siamo salutati con le parole che Tolstoj scrive all’inizio del suo Resurrezione. Parole di speranza, di luce. Con l’invito a saper cogliere l’energia della natura capace di oltrepassare anche le malefatte degli uomini. La primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque… Poi però, guardandosi attorno, continua: Ma gli uomini, gli uomini grandi, gli uomini adulti, non smettevano d’ingannare e di tormentare sé stessi e gli altri. Credevano, gli uomini, che la cosa più sacra e più importante non fosse quella mattinata di primavera, non fosse quella bellezza del mondo, concessa per il bene di tutte le creature, giacché era una bellezza che disponeva alla pace, all’accordo e all’amore: ma fosse, la cosa più sacra e più importante, ciò che essi stessi avevano escogitato per dominare gli uni sugli altri.

 

Siamo a fine Ottocento quando scrive queste parole. Ad oltre cento anni di distanza non abbiamo molto da aggiungere. Se non riconoscergli la forza di cogliere un’amara verità. Immersi e catturati in giochi di morte. Intenti ad escogitare e costruire strumenti per dominare gli uni sugli altri. Qual è il senso? Imporre il proprio pensiero. Respingere e rinchiudere dentro recinti invalicabili chi porta con sé una storia o una cultura diversa.

Una primavera che continua a fiorire nonostante gli uomini facciano del tutto per impedirlo, vede Tolstoj. Ma può la primavera fiorire nella terra d’Ucraina? E il sole riscalda ancora, e l’erba, tornata in vita, sale e verdeggia a Gaza? O in Sudan o in Myanmar, o negli altri cinquanta paesi dove tuttora la parola delle armi è più forte d’ogni altra voce.

E anche dove le armi se ne stanno parcheggiate nei depositi, altri strumenti escogitiamo per dominare gli uni sugli altri. Il potere degli algoritmi, dei mezzi di comunicazione, dei grandi capitali e della finanza. Perfino il potere della politica che nel suo vocabolario, giorno dopo giorno, sta trasformando il verbo governare, com’è nel rispetto del mandato che noi cittadini affidiamo ai nostri rappresentanti, in comandare. E non sono solo Trump o Putin o Xi o Netanyahu con i loro regimi, totalitari o con democrazie illiberali. Anche in casa nostra. Un capo di governo che sceglie di parlare direttamente al popolo sui social anziché interfacciarsi con il Parlamento; o che continua a delegittimare la magistratura quando questa richiama al rispetto delle leggi; o la chiusura di orizzonti invocata in difesa dei confini della nazione. Tante modalità, sottili, per dominare gli uni sugli altri.

 

Se al tempo di Tolstoj il mondo è ancora grande, nel senso che popoli e paesi pur in relazione tra loro, sono lontani, ciascuno all’interno dei propri confini, oggi esso s’è rimpicciolito. I mezzi di comunicazione hanno cancellato le distanze. Oggi le relazioni tra i popoli hanno bisogno d’un respiro planetario. Consapevoli, come ricorda Gandhi, che la terra ha risorse sufficienti per soddisfare i bisogni di tutti, ma non ha risorse sufficienti per soddisfare l’avidità di tutti. Abbiamo bisogno, oggi, d’un’apertura d’orizzonti che oltrepassi i confini della singola nazione. Cina o India, Europa o Stati Uniti, siamo in un sistema di interdipendenze che non può essere ignorato. Pace e convivenza oggi richiedono la capacità non solo di non creare barriere, ma di lavorare per abbattere quelle che già abbiamo costruito. Tra culture, religioni, popoli.

 

Non è sereno l’orizzonte. La resurrezione che abbiamo incontrato due domeniche fa come messaggio di Vita, sembra parola da fiaba. Tanto è lo sconforto di fronte ai Putin o ai Netanyahu che continuano, banditori di morte. “Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un'anima e una dignità” ricorda Francesco, nel saluto di Pasqua. Il giorno prima di morire.

Negli anni Quaranta del secolo scorso, affaticato nel costruire la libertà per la sua India, Gandhi invita i suoi a non lasciarsi catturare dalla paura e dallo scoraggiamento. Ci sono stati tiranni, dice, macellai, e per un po’ possono sembrare invincibili, ma la conclusione è che cadono sempre. Stalin, Hitler, Mussolini, solo per restare nei confini del Novecento, tiranni e macellai, morte hanno seminato. Ma il loro nome è affossato nel libro nero della storia. E altri li seguiranno.

Oggi per dominare gli uni sugli altri stiamo richiamando in vita nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi.[1] E se da una parte i mezzi di comunicazione di cui disponiamo sbriciolano i confini, dall’altra nazional-populismi emergenti ci stanno rinchiudendo dentro recinti sempre più angusti.

Ma… la primavera era primavera anche in città; il sole scaldava, l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque.

 

 

[1] Francesco, Fratelli tutti 11

*

 

V'invitiamo a leggere:  Resurrezione 2025