VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

1 giu 2025

Le risposte, sempre seducenti, non fanno vivere

Le domande da trovare

Uno dei grandi saggi si reca alla Casa di Studio. La prima persona che incontra è Mendl, detto il filosofo, che corre in tutte le direzioni tenendosi la testa e gridando: Mio Dio, Mio Dio! Va bene! Che bello! - Che ti succede, Mendl? chiede il saggio, perché gridare così forte se va così bene, se è così bello? - Amico mio, risponde Mendl, è che ho trovato una risposta inaudita, incredibile, una perla fra le perle! Il problema è che… non ho ancora trovato la domanda.[1]

Magari a molti risulterà incomprensibile questa storia, visto che tutti cerchiamo risposte. E tanti sono pronti ad offrircene. Risposte ai quesiti grandi, come il senso della vita, il problema del bene e del male, o ai piccoli interrogativi che incontriamo di volta in volta man mano che i giorni procedono. E il problema sta nel fatto che davanti alle risposte che ci vengono offerte, noi ci fermiamo. Le prendiamo. E, incapaci d’andare oltre, chiudiamo. Tanto siamo condizionati da una cultura in cui tutti hanno risposte da darci. E nessuno che si prenda il compito d’aiutarci a coltivare le domande.

Duemila400 anni fa, un altro saggio, Socrate, dice che sa di non sapere. E tutto il suo insegnamento consiste nel condividere domande con i suoi discepoli. Questo lo chiama arte maieutica. Nel suo greco, maieutiké è il lavoro dell’ostetrica: aiuta il bambino ad uscire dall’utero della mamma e a venire alla luce. Secondo Socrate la verità è dentro di noi. È lì che va cercata. Lì la possiamo trovare. E la strada per raggiungerla è quella di ascoltare le domande, coltivarle, farci guidare da esse nel cammino verso la conoscenza. In questo i bambini sono maestri. Bambini anche noi lo siamo stati, ma ce ne siamo dimenticati. Se diciamo ad un bambino fra un po’ piove, non ci dice subito perché? E alla nostra risposta lui continua con un altro perché, poi un altro, poi un altro ancora. All’infinito. Fino al momento in cui saremo noi a fermarci, e magari a dirgli un bruttissimo basta! Bruttissimo dico, perché così fermiamo il suo bisogno e desiderio di conoscere.

 

Fra qualche giorno saremo chiamati ad esprimerci in un referendum su tematiche importanti per la società italiana. La settimana scorsa anche il nostro settimanale ci ha fornito alcune informazioni, essenziali, per scegliere tra il e il no in risposta ai quesiti che ci vengono posti. Organizzazione del lavoro e diritto di cittadinanza per chi da tempo vive in Italia ma si vede costretto in un limbo di invisibilità. E i nostri governanti continuano a dirci di non andare a votare. Perfino il presidente del Senato. Completamente dimentico di cosa significhi svolgere quel ruolo. Non c’invitano ad informarci, a conoscere, a comprendere i quesiti che ci propone questa consultazione. A costruirci una nostra opinione. No. Per loro, nostro compito è non andare a votare: metodo efficacissimo perché il referendum fallisca. Approfittando della scarsa partecipazione che da tempo ormai caratterizza la società italiana, se ne appropriano rendendo il non-voto espressione di voto.

Non è cosa nuova, direte. E lo sappiamo bene. Già in passato altri uomini di potere hanno giocato la stessa carta. Ricordiamo Craxi, segretario del Partito Socialista, nel ’91 sulla riforma elettorale. Perfino il cardinal Ruini, presidente dei vescovi italiani, nel 2005 a proposito della Procreazione medicalmente assistita. Non andate a votare! questo l’ordine di scuderia.

Vi siete mai chiesti cosa c’è sotto?

A mio parere c’è un messaggio molto semplice: non vi preoccupate, non fatevi tante domande, non serve. Ci sono io (ci siamo noi) che penso per voi. Io so cos’è giusto e cosa è sbagliato. Vi do io le risposte. Quelle giuste. E a Mendl il filosofo, quello che corre di qua e di là perché non trova più la domanda, direbbero: ma sta’ tranquillo, hai la risposta, cos’altro cerchi?

 

Due settimane fa riflettevamo, mettendoli a confronto, su alcune caratteristiche del pensiero, di destra o di sinistra.[2] Lì notavamo la differenza nell’ampiezza del campo visivo: ristretto alla sola nostra casa (famiglia, nazione, cultura) quello di destra; pur attento alla nostra casa, tuttavia aperto anche al resto del mondo, quello di sinistra. Un’altra differenza oggi incontriamo. Il pensiero di destra dice fìdati di chi è al potere. In politica, in economia. Anche nella religione. Non ti preoccupare. Fa’ come ti dicono, e vedrai che non sbagli. C’è già chi pensa. Anche per te. Tu… obbedisci. Il pensiero di sinistra, invece, invita a porci in un movimento di ricerca, a farci domande, a cercare di conoscere e comprendere le cose. Ad essere critici e vigili. In una parola, ad usare la nostra testa.

Scrive Seneca, duemila anni fa, al giovane amico Lucilio: Cerca ogni giorno nella lettura un aiuto… E dopo aver letto molto, scegli un pensiero che tu quel giorno possa assimilare.[3]

 

 

[1] Da Racconti dei saggi yiddish

[2] S’ode a destra, 18.05

[3] Seneca, Lettere a Lucilio

 

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Questo è l'altro articolo cui facciamo riferimento sul pensiero di destra e di sinistra:  S'ode a destra  2025