VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

11 mag 2025

La nostra mente ha bisogno di ampliare il campo visivo

Fantasia. Per vedere oltre…

Se ci sono parole che possono confliggere tra loro, scienza e fantasia sembrano tra queste. Quando diciamo scientifico parliamo di qualcosa che riteniamo certo, sicuro. È solo quando ciò che affermiamo come vero è sostenuto da prove, ripetibili anche in contesti diversi, che acquisisce il diritto a venir riconosciuto come tale. Quanto costruiamo con la fantasia, invece, anche se bello e piacevole, di vero gli possiamo riconoscere ben poco. Giusto nella nostra mente. Eppure, le abbiamo messe insieme queste due parole, al punto da crearne un’altra. Anch’essa affascinante. Fanta-scienza. Dove il fantastico può sbizzarrirsi quanto vuole, e nessuno lo può contestare. Ma appartiene alla scienza o alla fantasia?

Domanda legittima. Ma le cose non funzionano in maniera così schematica. Così rigida: ciò che è scientifico è vero, il fantastico invece è fuori dalla realtà. Sempre più lo scienziato è consapevole che senza fantasia nessuna scienza si muoverebbe. Il pensiero scientifico ha bisogno della capacità di vedere oltre. Di vedere le cose in modo diverso da come le vedevamo fino a quel momento. Così spazio e tempo, con la teoria della relatività, nata nella fantasia di Einstein, rivelano la loro trama, e con la fantasia di Bohr e di altri ricercatori la materia si lascia cogliere nella sua originale natura quantistica. In un mondo di probabilità.

La terra, nostra casa comune, immaginata in origine come fissa e piatta, coperta da una volta celeste su cui sole luna e stelle camminano, pian piano si lascia scoprire prima con un cielo sopra e sotto, così che questi astri le possano girare intorno, poi, già con Aristotele, non più piatta, ma in una forma sferica. Fino a rivelarsi, con la fantasia di Copernico, pianeta tra pianeti, che gira su sé stessa e intorno al sole. E non ci siamo fermati. Guidati sempre dalla capacità di vedere oltre, siamo arrivati a cogliere il sistema solare come parte piccolissima di una galassia, e questa una tra miliardi di altre galassie. In un universo in espansione. Fantasia e scienza, compagne di strada. Necessarie l’una all’altra. Guide preziose verso la scoperta e la conoscenza del reale.

 

E oltre allo scienziato, il profeta. Che non è colui che indovina il futuro, come molto prosaicamente siamo portati a pensare. Il profeta, come lo scienziato, è colui che sa vedere oltre. È persona capace di cogliere le contraddizioni del presente e di evidenziarle. Come sentinella per il popolo, dice un testo di duemila600 anni fa.[1] E lo fa, pur sapendo che non incontrerà solidarietà, meno ancora applausi, perché il suo sguardo diventa parola che mette in discussione. In politica, in economia. Perfino nelle religioni. Le certezze, le azioni, le scelte consolidate dal tempo e dalle tradizioni sono messe a nudo nelle loro contraddizioni. Possiamo far finta di non sentire, certo. Non ascoltare e continuare come sempre. Ma lo sguardo e la parola del profeta non lasciano sonni tranquilli. Ci mettono davanti alla responsabilità delle scelte. Da pochi giorni abbiamo fatto i funerali di un papa. Una cosa in particolare mi ha colpito: tutti presenti i cosiddetti grandi della terra. E anche chi il coraggio di esserci di persona non l’ha avuto, s’è visto costretto a mandare qualcuno a rappresentarlo. E non è che la presenza, diretta o indiretta, significasse accordo o condivisione con l’insegnamento di Francesco. Tutt’altro. Il significato è nel fatto che con un profeta non puoi non farci i conti. La sua è stata parola che ha messo il mondo di fronte alle contraddizioni che segnano la strada che sta percorrendo. L’assurdità della guerra; la globalizzazione dell’indifferenza; le ingiustizie nella distribuzione e nell’uso delle risorse; parte dell’umanità costretta a migrare; la crisi climatica sempre più grave; lo sfruttamento del pianeta oltre ogni limite. Sono state sempre sotto la luce del suo sguardo. Ma nessun profeta è gradito nella sua casa ricorda il Maestro di Nazareth.[2] Vita dura, infatti, l’attende.

 

Lo scienziato. Il profeta. E il campo visivo è sempre più ampio. Ma c’è un altro che sa vedere oltre. Il poeta. Con lui emergono le inquietudini, le sofferenze e le gioie della vita. Addomesticati ci vorrebbe il pensiero dominante. Assuefatti alla maggioranza. Tranquilli nel seguire la strada di tutti, e ligi alle direttive del potente di turno. Pronti sempre a credere, obbedire, e… tacere.

E quando la Vita non trova un poeta che ne canti il cuore, scrive Gibran, genera un filosofo che parla della sua mente.[3] E Platone: il filosofo è colui che si muove dalla tenebra alla luce.[4] Un dialogo a distanza. Ventitré secoli li separano. Ma non sono l’uno contro l’altro. Poesia e filosofia, due facce della medesima capacità: saper uscire dalla prigionia della caverna anche se la luce, lì per lì, fa male agli occhi.

E l’incontro tra il cuore e la mente illumina la strada della Vita.

 

 

[1] Cfr.  Ezechiele 33

[2] Luca 4,24

[3] Gibran, Sabbia e onda

[4] Platone, La Repubblica VII