VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

21 apr 2024

Il genio della pubblicità colpisce ancora

Intelligenza… fritta

Cosa non si fa pur di vendere qualche patatina in più! E allora ti metti sotto, spremi le meningi, fai il pieno di fosforo per il cervello e con il rombo dei neuroni a pieno regime… èureka! Trovato. Cosa c’è di meglio di un’ostia consacrata, nutrimento dei cristiani per l’anima, per far sentire lo scrocchio di una patatina fritta? Tranquilli, non sono impazzito, né, almeno per adesso, soffro di allucinazioni. Ho semplicemente visto lo spot pubblicitario di una nota casa di chips – così gli americani chiamano le patatine fritte. Ora lo spot è stato sospeso dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, quindi non avremo più il piacere (!?) di vederlo. Ve lo racconto. Sulla colonna sonora della cosiddetta Ave Maria di Schubert, vediamo alcune giovani suore che si stanno recando in chiesa. Intanto in sacrestia una suora anziana si accorge che non ci sono ostie nel tabernacolo. La scena torna in chiesa e al momento della comunione vediamo che alla suora che si avvicina il prete non dà un’ostia, ma una patatina. Lei sgrana gli occhi, sorpresa, come a dire buona! E subito risuona nella chiesa un forte sgranocchiare e la scena si sposta sull’anziana suora che sta mangiando, con la busta delle patatine fritte in mano. Ultimo colpo di genio la voce fuori campo: Amica chips, il divino quotidiano! Che vi devo dire? Se proprio volete complimentarvi con quest’azienda, ricordo che per una precedente campagna pubblicitaria avevano ingaggiato, giocando sull’ambiguità del linguaggio, un noto pornoattore.

 

Che fine unico della pubblicità sia vendere vendere vendere lo sappiamo bene. Altrettanto bene sappiamo che quanto più uno spot riesce a colpire, tanto più rimane nella memoria, quindi tanto più facilmente induce all’acquisto di quel prodotto. Spot al limite della decenza non sono poi così rari. Tanto per limitarci a contenuti attinti dalla religione, ricordo le immagini di una fabbrica di jeans, qualche anno fa, in Lituania. Il fatto venne alla ribalta perché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sanzionò la Lituania: un giudice s’era permesso di multare l’azienda per non aver salvaguardato i diritti delle persone religiose. Per presentare i suoi abiti, infatti, l’azienda aveva preso come modelli Gesù e sua madre, Maria. La Corte Europea motivò la propria sanzione, siamo nel 2018, perché il giudice di merito non avrebbe tenuto nella giusta considerazione il diritto alla libertà d’espressione dell’azienda che aveva commissionato quella pubblicità. Ne parlammo anche su questa pagina. Altra prova d’intelligenza l’avevamo trovata sulla rivista di satira Charlie Hebdo, con lo scopo, naturalmente, di vendere qualche copia in più. In occasione del terremoto che nel 2016 aveva colpito il centro Italia, uscì con alcune vignette: un uomo e una donna sporchi di sangue, con sopra la scritta penne al pomodoro; vicino una catasta di morti con la scritta lasagne. Quando si dice… intelligenza. Sì, intelligenza.

 

Antica come il mondo è la questione del rapporto tra l’obiettivo e i mezzi per raggiungerlo. Già Ovidio era stato piuttosto tranchant: exitus acta probat, il risultato è la verifica delle azioni.[1] Come a dire che ciò che conta è il risultato, è questo che dà valore o disvalore a ciò che facciamo per raggiungerlo. È un classico il fine giustifica i mezzi. Pensiero attribuito per tradizione ormai consolidata al povero Machiavelli, anche se da nessuna parte risulta che l’abbia scritto.

E questo è un aspetto del problema. Nient’affatto secondario. Il rapporto tra obiettivo e mezzi per raggiungerlo chiama in causa la nostra scala di valori. Se al primo posto è il potere, facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato, e i mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati.[2] Siano questi un’onesta campagna elettorale o il voto di scambio o l’ostentazione di simboli religiosi o la ripetizione ossessiva di slogan accattivanti o l’occupazione dei mezzi d’informazione… tutto va bene. Chi mi può condannare se poi, sempre per il potere, uso i carrarmati e invado territori di un altro stato? E se poi al primo posto metto il guadagno, che importa se per raggiungerlo calpesto valori, religiosi o semplicemente umani, pur di vendere e accumulare sempre di più?

 

Ma c’è un altro aspetto preoccupante: vedere l’intelligenza umana sprecata così. In nome di una presunta creatività artistica. Cinque milioni di anni ci abbiamo messo per raggiungere la capacità di intus legere (questo significa intelligenza), cioè di guardare dentro. Dentro la mente, dentro l’anima. Già la parola l’abbiamo svenduta da quando chiamiamo così, intelligenza artificiale, la semplice capacità di calcolo, sia pure enorme, di cui può disporre una macchina. Ma non basta. Privandola della sua dignità, la portiamo a prostituirsi al semplice guadagno. Intelligenza… fritta. Come le chips il cui scrocchio rimbomba nel silenzio di uno spazio vuoto.

 

[1] Ars amandi

[2] Il principe, 1513

 

I due articoli cui facciamo riferimento sono: sui jeans in Lituania Sponsor d'eccezione 2018 e su Charlie Hebdo Stupidità 2016