VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

26 nov 2023

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Tra potenza e potere

Non è un bel giorno il 25 novembre. Doverci fermare per riflettere sulla violenza degli uomini contro le donne, ci mette davanti un’immagine che solo vergogna può far nascere nel cuore. E allora corriamo alla ricerca di ragioni, motivazioni, scuse che tengano in piedi il tentativo di giustificare quest’atteggiamento. E le giustificazioni andiamo a cercarle ovunque. Ovunque lo sguardo o il pensiero possano muoversi. Arrivando perfino a scomodare l’ultraterreno, il sovrannaturale. Cui presumiamo di assegnare i nostri limiti. Così un dio, costruito a nostro uso e consumo, diventa nostro alleato. Maschio anche lui, ovviamente, gli attribuiamo una scelta di campo nei confronti nostri. Maschi come lui. Alleanza di genere. O, più semplicemente, giustificazione delle nostre scelte. Che nascono dalla paura.

Paura? Sì, quella che noi uomini sentiamo nascere nell’inconscio di fronte alla potenza che la donna esprime. La potenza della vita. Da lei siamo nati, dentro una donna siamo cresciuti. Dal corpo di una donna siamo usciti, per poi camminare con le nostre gambe. È un legame forte, un legame di vita. Ma una voce che ci abita nel profondo ci parla anche di morte: in lei è la capacità di aprire, per noi, la vita o la morte.

Ecco allora che anche ai libri che fondano la nostra cultura, che chiamiamo sacri, abbiamo fatto dire pensieri che giustifichino il conflitto. Quello che oggi chiamiamo conflitto di genere. Così, ad esempio, nella Bibbia abbiamo scritto: “L’uomo è immagine e gloria di Dio, la donna invece è gloria dell’uomo; infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo, né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo...”; o nel Corano: “Gli uomini sono preposti alle donne, in ragione dei favori che Dio accorda a questi su quelle... E quanto a quelle di cui temete la disobbedienza, esortatele, allontanatevi dai loro letti, picchiatele”.[1] E tante altre cose analoghe che tiriamo fuori a uso e sostegno del potere maschile.

Così perfino nel mondo delle religioni perpetriamo atteggiamenti di violenza. Non uguali, certo. Ma pur essendo anni luce lontani per le modalità in cui si esprime, non possiamo nasconderci che il pensiero che li sottende è il medesimo: la donna è inferiore all’uomo. Così, da cattolici continuiamo a giustificare la sua esclusione dal sacerdozio ministeriale attribuendo addirittura al Maestro di Nazareth una scelta di privilegio verso gli uomini; da musulmani continuiamo a tenere la donna sottomessa al potere maschile, giungendo alle aberrazioni che guidano le scelte sociali e politiche di intere nazioni. Iran e Afghanistan, modelli di perversione. Nell’Iran degli ayatollah una donna che lascia scoperto qualche capello viene picchiata a morte dalla polizia morale. In nome di dio. O nell’Afghanistan dei talebani le è proibito perfino frequentare la scuola o svolgere un lavoro retribuito, chiusa in casa. E nel burqa. Sempre in nome di dio. Ma quale dio?

 

Potere maschile dicevo. Sì, perché di fronte alla potenza che la natura esprime nella donna, un esercizio di potere abbiamo attivato. Il potere della forza, muscolare, il potere della parola di cui ci siamo appropriati, il potere della cultura, del sapere. Non a caso in certi paesi ancora oggi alla donna è proibito l’accesso all’istruzione.

In un mito della tradizione mesopotamica, III millennio a.C., c’è Lilith. È la prima moglie di Adamo. Anche lei è creata da Dio con la terra, come Adamo, quindi ritiene di avere gli stessi diritti. Ma quando i due s’incontrano, Lilith giace sotto e Adamo sopra. Allora chiede al compagno perché debba stare sotto di lui, pur essendo stati creati insieme. E propone d’invertire le posizioni: “Non starò sotto di te” gli dice; ma lui: “E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra”. Allora Lilith se ne va dal paradiso terrestre. Cinque secoli dopo, nella Grecia antica, Creonte, re a Tebe, di fronte al rifiuto di Antigone di rispettare il suo decreto che proibisce il rito funebre per il fratello, dichiara: “Io non sono più un uomo ormai, ma lo diventa lei un uomo se non punisco questa ribellione”.[2]

 

Antiche come le montagne scriveva Gandhi a proposito della verità e della non violenza. Antica più delle montagne, verrebbe da dire, questa lotta dell’uomo maschio per assicurarsi il potere rispetto alla potenzafemminile. La domanda di Lilith, in fondo, è domanda di uguaglianza per stabilire una parità e un’armonia fra lei e Adamo, fra corpi e anime. Nel mito lui rifiuta. Ma a cinquemila anni di distanza potremmo chiederci se non sia giunto il tempo di riconoscerci, gli uni e le altre, semplicemente, ciascuno l’altra metà del cielo.

Magari un giorno riusciremo a trasformare il 25 novembre da giornata contro la violenza sulle donne a... giorno dell’incontro e dell’armonia tra uomini e donne.

 

[1] 1 Cor 11,7-9; Corano 4,34

[2] Sofocle, Antigone