VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

24 set 2023

La Presidente Meloni al Budapest Demographic Summit

Difendere Dio?

Dio mio, devono averti visto piuttosto malridotto Meloni e Orban, se lei sente il dovere di difenderti: “Occorre una dura lotta per difendere l'identità delle famiglie, difendere Dio e tutte le cose che hanno costruito la nostra civiltà” così dieci giorni fa a Budapest. Difendere Dio.

La prima domanda che mi viene è da chi dev’essere difeso. Subito dopo, però, un’altra: di quale Dio stiamo parlando. Al punto che, a mio parere, questa seconda diventa la vera domanda. Quale Dio? Nei miti delle varie religioni è sempre il Dio creatore, da solo o con altri dèi, che dà vita al genere umano. Diventa difficile quindi pensare che dalle sue creature, donne e uomini, abbia bisogno d’essere difeso. Che queste quindi debbano difenderlo. Ma c’è un altro particolare. Nel mito biblico, che è poi un mito fondante per la nostra cultura, è scritto che il creatore ci fa a sua immagine: nel giorno in cui Dio ha creato il terrestre (l’essere umano) a immagine di Dio li ha fatti, maschio e femmina li ha creati.[1]

 

Qui credo sta il punto. Nel mito l’umanità scrive che si vede immagine di Dio, ma nella realtà dobbiamo riconoscere che questo Dio tanto facilmente ce lo siamo fatto e continuiamo a farcelo a immagine nostra. Che gli dèi dell’Olimpo fossero a immagine degli umani è più che evidente. Erano diversi da noi solo per due aspetti: erano immortali, qualità che custodivano con grande gelosia; e i loro pregi e difetti, del tutto simili ai nostri – accudenti, fedeli, affettuosi, gelosi, infedeli, litigiosi, invidiosi – erano potenziati, essendo essi più potenti degli uomini. Ma visto che l’Olimpo ormai sembra piuttosto disabitato, la domanda diventa: il nostro Dio qual è? Chi è. Com’è. Ritorniamo così alla domanda di prima. Quale Dio dovremmo difendere. Visto che ce ne siamo fatti tante immagini. E non solo nella preistoria, in tempi e luoghi diversi, ma che oggi. Anche nel presente. In occidente e in oriente, nel nord e nel sud del mondo.

 

Sabato scorso abbiamo ricordato il primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la giovane iraniana uccisa dalla polizia morale. Arrestata perché i suoi capelli non erano completamente coperti dall’hijab, il velo islamico che gli ayatollah, autoproclamati custodi e interpreti del volere di Allah, hanno deciso che le donne, dai 9 anni in poi, devono obbligatoriamente indossare fuori casa. È il dio degli ayatollah che dobbiamo difendere?

Neppure due mesi fa l’ultima trovata dei taliban afghani. Chiudono parrucchieri e saloni di bellezza. Alcuni trattamenti non sarebbero in linea con i precetti islamici: troppo trucco impedirebbe alle donne le abluzioni per la preghiera, mentre l’extension delle ciglia e la colorazione dei capelli sarebbero in conflitto con il precetto della modestia. Oltretutto, più di 60mila donne rimangono senza lavoro. Anche questo in nome di dio. Come, in nome di dio, bambine e ragazze sono escluse dalla scuola. È il dio dei taliban che dobbiamo difendere?

Kirill, il patriarca di Mosca, benedice la guerra santa di Putin contro la corruzione e il degrado dell’occidente, e garantisce il paradiso a chi va a combattere, cioè a portare morte e distruzione, in Ucraina. È il dio di Kirill e di Putin che dobbiamo difendere? Non c’erano bastati, sembra, il Gott mit uns dei nazisti e il Dio lo vuole dei papi che mandava i cristiani alle crociate perché la Terrasanta doveva essere difesa dagli infedeli.

 

Il momento politico e il luogo in cui la nostra presidente ha detto queste parole è particolare. A casa di Orban. Paladino delle chiusure dei confini a difesa dall’invasione dei migranti. Amico e solidale degli sbandierati blocchi navali urlati da lei, e non solo, da qualche anno a questa parte. A tutela dei nostri privilegi e a difesa dalle popolazioni costrette a migrare per trovare un luogo dove sopravvivere. Devoti di un dio, bianco, occidentale e messo lì, tranquillo, nell’alto dei cieli. Ma forse è proprio questo che ha bisogno di difesa, a rischio com’è di vedersi scalzato da parte di qualche altro dio che, dall’Africa, arriva sui barconi...

 

E c’è il Dio di Gesù. Che, per quanto posso aver compreso, è Padre-e-madre di tutti. Donne e uomini, ucraini e russi, europei e africani, ebrei e arabi, cinesi e americani e indiani e... tutti gli abitanti della terra. I terrestri, come ci chiama il mito biblico.

Ma forse da questo Dio abbiamo bisogno noi di difenderci. Se ai suoi occhi siamo tutti fratelli, non credo possa condividere il lavoro che stiamo facendo di fronte al problema migrazione, che punta esclusivamente ad impedire che arrivino da noi. Nient’affatto interessati e impegnati nell’affrontare seriamente il dramma che ne è all’origine. Fame, crisi climatica, guerre. Condizioni, anzi, che continuiamo ad alimentare con il mercato delle armi e lo sfruttamento delle risorse.

Difendere Dio, allora, o... provare ad ascoltarlo?

 

[1] Genesi 5,1-2